MAFIA CAPITALE
7:43 pm, 22 Febbraio 17 calendario

Incontro Coltellacci-M5S Il racconto di Tredicine al processo

Di: Redazione Metronews
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ROMA «E’ vero che ho incontrato Buzzi e Sandro Coltellacci in via delle Vergini. Ma è stato un caso. Con Buzzi fu solo un saluto veloce, mentre Coltellacci mi disse che aveva appuntamento con Marcello de Vito del Movimento 5 Stelle». Protagonista dell’udienza di ieri del processo Mafia Capitale è stato l’ex consigliere comunale Giordano Tredicine, rampollo della nota famiglia di “bancarellari”. Il quale, come quasi tutti gli imputati, ha respinto al mittente oggi accusa, svelando però un dettaglio inedito su quell’incontro del 9 settembre 2014 sotto la sede dei gruppi consiliari capitolini. Sandro Coltellacci, imputato nel processo con l’accusa di corruzione aggravata dall’articolo 7, non avrebbe dovuto incontrare lui, come ipotizzato dagli uomini del Ros. Ma l’attuale presidente dell’assemblea capitolina, all’epoca membro della minoranza. «Quell’incontro era stato organizzato da un esponente dell’Agci  (l’associazione generali cooperative italiane ndr) di cui facevo parte – ha  chiarito a Metro lo stesso Coltellacci –  A De Vito illustrammo il mondo della cooperazione sociale e il funzionamento dei campi nomadi. Mentre Buzzi lo incontrai per caso, e non lo salutai nemmeno. Non eravamo in buoni rapporti in quel momento, come si evince anche dall’intercettazioni».  Dal punto di vista processuale, la vicenda non è un semplice dettaglio nella strategia difensiva di Tredicine, che, secondo la procura, avrebbe messo a disposizione delle coop di Buzzi la sua funzione politica.«Non ho mai votato nessun provvedimento relativo ai debiti fuori bilancio durante gli anni di Ignazio Marino per favorire le coop di Buzzi – ha spiegato Tredicine, mostrando le carte – Io risulto sempre assente e non partecipo al voto. Da Buzzi non ho mai preso soldi».
A differenza di Tredicine, invece, Claudio Bolla, direttore del consorzio Eriches, di Salvatore Buzzi era uno dei più stretti collaboratori. Di lui, Buzzi si fidava quasi ciecamente, tanto da lasciargli in custodia suoi 4 telefoni personali prima di partire per le vacanze a New York. «E’ così che ho scoperto che Massimo Carminati aveva un’utenza telefonica dedicata. Buzzi mi spiegò che Carminati temeva di essere nell’occhio della procura per la vicenda Fastweb e non voleva che le intercettazioni potessero danneggiare la nostra coop. Era un’attenzione che Carminati aveva nei nostri confronti. E io la apprezzai». Per diverse ore Bolla ha cercato di smarcarsi dalle accuse della procura. Più che un esame, però, il suo in poco tempo è diventato un vero e proprio sfogo, «E’ da 21 mesi che aspetto di parlare con un magistrato», in cui Bolla, imputato per corruzione con l’aggravante dell’articolo 7, ha svelato anche dettagli inediti sull’utilizzo del jammer, il dispositivo che veniva attivato nelle riunioni della coop per disturbare le frequenze dei cellulari. «Buzzi credeva di essere vittima di spionaggio industriale – ha aggiunto Bolla – per questo non ho mai pensato il jammer potesse servire per difendersi dalle intercettazioni della procura». Anche se Massimo Carminati, nel frattempo era diventato uno dei soci di Buzzi. «Carminati si avvicinò alla coop nell’autunno 2012. Veniva sempre con il vespino. A dirmi chi fosse fu la segretaria di Buzzi. Io stavo andando al suo ufficio e lei mi fermò: Hai visto chi c’è? Il nero di Romanzo Criminale. Ma chi, Scamarcio? No, Massimo Carminati. Il suo nome mi evocava l’eversione di destra per questo chiesi a Buzzi cosa ci facesse. Lui mi disse che era un detenuto. Ma io da Carminati – ha precisato Bolla – non ho mai preso ordini».
E se per Bolla il “Nero” era solo uno dei tanti “carcerati” che ruotavano intorno alla 29 Giugno, per Roberto Lacopo, titolare del distributore di Eni di Corso Francia, Carminati e Riccardo Brugia erano, invece, dei semplici clienti. «La compagna di Brugia lavorava con me da anni, mentre quella di Carminati era una mia cliente storica», ha raccontato Lacopo, trattenendo a fatica le lacrime durante la sua deposizione. «Brugia e Carminati andavano e venivano dal distributore, ma io non sapevo cosa facessero. Io ero disponibile con loro, come con tutti i miei clienti, a cui mettevo a disposizione di tutti il mio telefono, la mia macchina. Da me venivano vip, come Renato Zero e Renzo Arbore, attori e i giocatori della Lazio». Anche lo “Spezzapollici” di Mafia Capitale, quel Matteo Calvio, insieme al quale, secondo la procura, Lacopo sarebbe stato protagonista di due tentate estorsioni per conto del sodalizio: «Calvio arrivava in Ferrari, voleva far vedere di essere benestante, ma bastavano due parole per vendergli di tutto. Per questo quando cadde in disgrazia per colpa della droga, lo aiutai, suggerendo il suo nome a chi aveva bisogno di lavoretti di giardinaggio. Cercavo di aiutare sempre i miei clienti. Io ero buono, troppo buono, non sono la persona orrenda descritta nel processo. Vengo accusato per due estorsioni in cui non ero nemmeno presente».
MARCO CARTA

22 Febbraio 2017
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