Maurizio Baruffaldi
9:01 am, 7 Febbraio 17 calendario

La lezione del non spreco

Di: Redazione Metronews
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Un signore di nome Erri De Luca ha studiato e imparato l’ebraico antico di notte, ostinatamente, e con il bagaglio di questa lingua ha poi tradotto di suo la Bibbia. E la parola ‘hèvel’, che nella traduzione latina assimilata nei catechismi e nelle messe incensate viene riportata come Vanitas, lui l’ha tradotta con Spreco. E allora mi diverte, giocare con questa differenza, esagerando come fossi strafatto d’incenso, e passare così dalle pagine millenarie alla corsie di un Supermercato, spazio che se non genera consumo e spreco non si riproduce nei suoi scaffali.
Perché Cristo! -quando ci vuole ci vuole-  un conto è dire che la vanità è l’errore e il peccato; un conto dire che è lo Spreco. Come si fa a non essere un po’ vanitosi? Abbiamo specchi dappertutto, immagini con le quali confrontarci in ogni angolo del micro e del macro, modelli comportamentali che ci rimbalzano e altri che ci si infilano sottopelle, tutti tendono a non considerarci in profondità e allora è sacro, e santo, che uno si tenga un po’ della sua umilissima vanità. Io so di valere un tot. O almeno ci spero.  E me ne vanto. Non per questo non riconosco l’altro. Il suo valore o la sua insignificanza. La vanitas è anche non conformità. Spazio interiore, oltre ogni variante cosmetica.
Lo spreco invece disprezza gli altri. Non li considera. Insulta la vita stessa. E ben venga l’ingegnarsi per riciclare il commestibile non consumato nei ristoranti, nelle mense, negli ospedali, con tutte le varianti possibili, fino all’uso di contenitori firmati, ma gira e rigira siamo sempre alla bibbia non scritta del tutto quanto fa mercato. Quello che invece non fa notizia succede nella testolina di ognuno di noi. In quella scatoletta semina il rispetto verso il cibo. Sono sempre rimasto incantato da mia nonna che metteva a sobbollire il sugo la mattina presto. Apriva le lattine da un chilo con un piccolo aratro, passava il pelato, poi versava nella latta un po’ d’acqua dal rubinetto per recuperare dalle pareti anche quel nulla di sanguinaccio resistente. Lo stesso fa mia moglie. Perché lo faceva mia suocera, sua mamma. Lo faceva un’intera generazione. Lo so, son centinaia gli esempi, in stile dopoguerra, e mandateceli. Parto però volutamente da quello economicamente più inutile, fino al ridicolo, come risparmiare un centesimo in una vita intera, perché penso sia proprio la totale mancanza di profitto, a contenere l’enormità dell’intenzione. E quella si tramanda e non si spreca mai.
MAURIZIO BARUFFALDI
Giornalista e scrittore
 

7 Febbraio 2017
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