Maurizio Baruffaldi
6:10 pm, 19 Aprile 16 calendario

Troll e giustizia nel caso Doina

Di: Redazione Metronews
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L’OPINIONE Che sia contro il critico musicale al quale non è piaciuto il disco del suo idolo; contro il giornalista che ha osato spiattellare la realtà che brucia; contro chiunque non riconosca qualità divine al totem che si è scelto: chi riempie le bacheche di insulti e invettive trova facile un nemico su qui abbattersi, ben ripararato dietro la sua tastierina. Probabile che scrivere post con il sangue agli occhi allevi il male di vivere, se Facebook e twitter sono invasi da quelli che vengono definiti troll. Fenomeno che si espande e contagia. Rispondi ad un troll e sei già a rischio imbruttimento. Anche se eri una persona allenata a riconoscere le ragioni di tutti.
Abbiamo letto della donna rumena che dopo nove anni di carcere per omicidio preterintenzionale, sui 16 da scontare, ha ottenuto un regime di semilibertà, e che in questo permesso si è fatta una foto al mare, effettivamente felice, foto che ha poi postata su FB. Premetto una distinzione non da poco: l’omicidio preterintenzionale indica un delitto la cui gravità vada oltre quella che può essere stata l’intenzione del colpevole.
Ora. Dopo quella foto il giudice le ha tolto qualunque permesso, con conseguente fine del lavoro di giorno, dopo il quale rientrava in carcere. Tutti contenti e loquaci d’ira, gli scriba social: viva il giudice e che marcisca in carcere il killer dell’ombrello. A favore della revoca, ma con più stile ovviamente, anche la maggioranza dei quotidiani.
Ok. L’odio degli invisibili in questo caso monta facile, quasi a ragione. Quella cazzo di foto andava evitata; Doina Matei doveva avere il pudore e l’intelligenza che forse non ha; perché quella Vanessa che colpì a morte ha un padre e una madre, e non meritano di vedere il sorriso della sua assassina. Però. Questa donna ha fatto nove anni di carcere. Nove. In un frammento libero che si è guadagnata per legge ha visto il mare, il suo cuore è esploso, e ha sentito il bisogno di condividerlo; come fa la massa, la stessa che l’ha lapidata su Fb. Noi invece abbiamo il dovere di tenere aperto l’ombrello delle regole, non conficcarlo. Quello che prevedeva la sua condotta in carcere deve restare. Assoluto. Invece si è preferito riconoscere le ragioni dei troll, piuttosto che quelle della giustizia. Non è un bel sintomo.
MAURIZIO BARUFFALDI
Giornalista e scrittore
 

19 Aprile 2016
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