Maurizio Guandalini
4:56 pm, 7 Settembre 15 calendario

Se la Merkel sceglie i profughi

Di: Redazione Metronews
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L’Europa continua brancolare nel buio. L’uscita della  Merkel – aprite le frontiere, migranti venite a me – non è così spettacolare come sembra. Prima, quando l’Italia reclamava aiuto e marcava la gravità del fenomeno, tutti i paesi europei, teutonici in testa, hanno fatto gli struzzi. Poi, quando il problema si è ingrossato e ha toccato casa d’altri (Francia, Gran Bretagna, gli ex paesi comunisti) è  scattato l’allarme rosso. La Germania è rimasta in silenzio per un po’ e, immediatamente dopo, d’un tratto, ha issato la bandiera delle porte aperte, comunicato in pompa magna, dimenticando che questi appelli alla migrazione hanno poi controindicazioni e ricadute  pericolose,  anche in termini di sicurezza. Oggi la Merkel è vista come quella che dà l’esempio.
«La ricaduta del Muro”  è il tenore di alcuni di titoli di giornale.  C’è chi, addirittura, auspica che la Germania (e la Merkel) divenga, oltre la superpotenza finanziaria che già è, anche la guida morale  dell’Europa. Ma frau Angela non era quella che voleva ridurre in povertà i popoli? Qui, siamo in presenza di una mossa della Germania, in completa autonomia, come ha fatto per altre mille questioni, lasciando inebetiti, sul da farsi, gli altri paesi dell’Europa. Altri ancora, invece, fanno quello che gli pare: vedi la Gran Bretagna quando dice «non più di 15 mila migranti siriani”. Ha specificato: siriani. Che è un razzismo di ritorno, o un razzismo nel razzismo. La Germania ha aperto le frontiere solo quando ha saputo che erano per lo più migranti siriani. Cosa vuol dire? I siriani non sono i disperati del Malì, del Ghana, Somalia o Eritrea. Sono moltissimi laureati, persone preparate, il ceto medio e soprattutto non fondamentalisti.
Un investimento sul futuro: l’ultima indagine Face4Job ‘assegna’ alla Germania 1,5 milioni di posti di lavoro liberi, da coprire.  Certamente lodi alla Germania che sa guardare oltre il  proprio naso  ma scegliersi il profugo non risolve i problemi, come ricordava il generale Carlo Jean su Il Messaggero.  Prima di tutto le ondate migratorie non sono un fenomeno transitorio. Con la crisi economica aumenteranno: la diminuzione del costo delle materie prime è una sberla alla crescita. In Africa ci saranno più  instabilità  e guerre. Per questo serviranno politiche comuni europee: dalle norme per l’asilo, cittadinanza, identificazione e rimpatrio di coloro che non hanno diritto di restare. Nessuno ne parla più: ma c’è da chiedersi se combattere o no la guerra contro l’Isis, a meno che riteniamo il nostro compito esaurito con l’accoglienza disordinata. E infine si dovrà ripartire dall’Africa rivedendo le politiche degli investimenti. Nel 2015 i paesi ricchi danno al terzo mondo, soprattutto Africa, 135 milioni di dollari.  Come sono usati? Dove vanno finire?  
MAURIZIO GUANDALINI
Giornalista ed economista
 

7 Settembre 2015
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