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9:05 am, 2 Marzo 15 calendario

La strage dimenticata degli operai della Fiorentini

Di: Redazione Metronews
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ROMA Guardateli negli occhi. Guardate le loro tute da lavoro, le loro scarpe consunte. Molti erano solo dei ragazzini. Ora sono tutti fantasmi, vittime di una delle più terribili stragi dei bombardamenti Alleati su Roma. Forse la più funesta in Italia per numero di morti in un solo luogo. Una strage quasi dimenticata. Sono gli operai della fabbrica “Fiorentini”, che produceva macchinari per cantieri e aveva uno stabilimento di 10 mila metri quadrati (la metà coperti da capannoni) nella zona di Portonaccio, all’altezza del civico 364 della Tiburtina, a portata dello scalo ferroviario per poter caricare sui treni merci gli escavatori.
I cancelli della fabbrica sbarrati
Siamo nel 1944, da febbraio a Roma i bombardamenti e gli allarmi si sono fatti incessanti. Tanto che la direzione dello stabilimento ha deciso di tenere chiusi i cancelli esterni della fabbrica, altrimenti ad ogni suono delle sirene gli operai “se ne scappano a casa”, non tornano dopo il cessato allarme e la produzione rallenta e ne risente. Così quella mattina di venerdì 3 marzo, all’ennesimo urlo delle sirene, in centinaia corrono verso il rifugio antiaereo. Sono le 11 e sulla città stanno arrivando 184 Marauder che in più ondate, per un’ora e mezza, sganceranno 1.800 bombe mettendo a ferro e fuoco gli snodi ferroviari e le industrie del Tiburtino, del Prenestino e dell’Ostiense. Gli ordigni colpiranno anche il Cimitero Acattolico e la Basilica di San Paolo.
Un inferno di fiamme e di fumo
Gli operai si accalcano nello stretto e soffocante rifugio – “una buca con lamiere” – che non ha locali frazionati ed è una sorta di lungo tunnel nella terra a soli 3 metri di profondità (gli esperti lo chiamano “struttura tubolare in lamiera interrata”). Fa paura scendere lì sotto, ma le autorità hanno detto che può resistere, insomma lo hanno approvato. Insieme agli operai ci si stipano anche i dirigenti, gli ingegneri, le segretarie. Alcuni stanno ancora arrivando all’ingresso quando piovono le prime bombe. Una da 200 kg, con rara precisione, forse centra quasi in orizzontale la porta del ricovero. Altre due esplodono intorno. In un attimo il sotterraneo si trasforma in un inferno di fiamme e fumo. Poi la scarna copertura di terra collassa, soffocando e seppellendo vivi gli operai. I vigili del fuoco ci metteranno tre giorni per estrarre i corpi – in molti casi quel poco che ne resta – e allineare le bare sulla Tiburtina.
Il bilancio della carneficina
Un primo bilancio della carneficina conta 117 vittime, con molti feriti gravi (che moriranno nei mesi successivi) e diversi mutilati a vita. Una lapide in memoria posta nel nuovo stabilimento, che sorgerà in via Filippo Fiorentini e che di recente è stato quasi del tutto demolito, riporta però 120 nomi (116 uomini e 4 donne). E nella sepoltura comune al cimitero del Verano c’è anche il nome di un’altra donna (qui la documentazione). Secondo i giornali dell’epoca, infine, i morti furono “quasi 200”. Impossibile avere una stima esatta. Spesso ai famigliari furono date “poche ossa senza nome”, concesse dai soccorritori “perché potessero avere almeno un riferimento su cui riversare il proprio dolore”. Una di loro, che all’epoca aveva sette anni, racconta: “Mio fratello Michele, che lavorava alla Fiorentini, proprio il 3 marzo 1944 avrebbe compiuto 18 anni. Anche mio padre, Domenico, morì nel bombardamento della fabbrica e lasciò mia madre vedova con cinque figli. Domenico fu ritrovato su un albero, quasi senza un graffio, ucciso dal soffio della bomba fuori dal ricovero. Di mio fratello Michele, invece, vennero trovate una maglia e un calibro che portava sempre dietro con il suo nome sopra. Il corpo non fu mai ritrovato”.
La commemorazione delle vittime
Nei giorni scorsi nella sede del Municipio IV di Roma si è tenuto un incontro tra il presidente Emiliano Sciascia, l’assessore alla Memoria Fabrizio Donati e una delegazione dei parenti delle vittime per trovare una giusta collocazione alla lapide che riporta i nomi degli operai scomparsi e che ora si trova in un immobile a rischio demolizione. Il presidente Sciascia ha proposto di sistemare la lapide in un luogo temporaneo, dove resterà fino al trasloco del IV Municipio in una sede più moderna (previsto a breve). La collocazione definitiva della lapide sarà infatti nell’atrio della nuova sede municipale. Intanto martedì 3 marzo 2015, nel settantunesimo anniversario della strage, si terrà una cerimonia di commemorazione delle vittime in via Filippo Fiorentini, alle ore 15, con la partecipazione dei rappresentanti del Municipio IV e dei parenti degli operai.
LORENZO GRASSI

2 Marzo 2015
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